L’art. 5 della Legge 645/1952 – modificato dalla Legge 152/1975 - punisce con la reclusione e con la multa “Chiunque, partecipando a pubbliche riunioni, compie manifestazioni usuali del disciolto partito fascista ovvero di organizzazioni naziste”.
Nel 2016 due persone erano state rinviate a giudizio in ordine a tale fattispecie delittuosa in quanto, unitamente ad altre persone non identificate, avevano partecipato ad una manifestazione commemorativa, compiendo manifestazioni usuali del disciolto partito fascista, quali la “chiamata del presente”, il cd. “saluto romano”, l’esposizione di uno striscione inneggiante ai camerati e di numerose bandiere con croci celtiche.
Il Tribunale prima e la Corte di Appello poi avevano inteso assolvere i due imputati dal delitto ascritto per insussistenza del fatto.
A seguito del ricorso in Cassazione proposto dal Procuratore Generale, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile l’impugnazione, precisando quanto segue.
Alla luce dei plurimi interventi della Corte Costituzionale, la fattispecie penale in contestazione punisce solo le manifestazioni “che possono determinare il pericolo di ricostituzione di organizzazioni fasciste in relazione al momento e all’ambiente in cui sono compiute” e tra queste anche gesti ed espressioni “idonei a provocare adesioni e consensi ed a concorrere alla diffusione di concezioni favorevoli alla ricostituzione di organizzazioni fasciste” (in ultimo, Corte Cost., sentenza n. 15/73).
Da ciò che ne consegue che le manifestazioni del pensiero fascista in sé non sono vietate ma lo diventano solo e soltanto se pongano in pericolo la tenuta dell’ordine democratico e dei valori allo stesso sottesi.
Occorre quindi valutare il momento e l’ambiente in cui il cd. “saluto romano” viene compiuto, al fine di valutare se esso sia o meno idoneo a provocare consensi ed adesioni ed a concorrere alla diffusione di concezioni favorevoli alla ricostituzione di organizzazioni fasciste.
Se, quindi, esso viene effettuato in condizioni di pubblicità tali da rappresentare un tentativo concreto di raccogliere adesioni ad un “progetto di ricostituzione”, esso integra appieno il reato di cui alla Legge 645/1952.
Ad esempio, è stato ritenuto reato il caso di chi intona “all’armi siam fascisti”, inno considerato come professione di fede ed incitamento alla violenza; il caso di chi compie il saluto romano armato di manganello durante un comizio elettorale; il caso di coloro che dopo la lettura di una sentenza compiono il saluto romano e gridano più volte la parola “sieg heil”.
Nel caso, invece, sottoposto al vaglio (anche) della Suprema Corte di Cassazione, la sentenza di assoluzione era corretta in quanto, benchè gli imputati avessero preso parte ad una manifestazione pubblica compiendo i contestati gesti usuali del disciolto partito fascista, tale manifestazione aveva una natura puramente commemorativa, organizzata in onore di tre defunti, vittime di una violenta lotta politica, senza alcun intento restaurativo del regime fascista.
Essa si era infatti svolta in maniera ordinata, in assoluto silenzio, senza inni, canti o slogan evocativi, senza comportanti aggressivi, minacciosi o violenti e senza armi o altri strumenti.
Tali circostanze, secondo i Giudici, escludevano che la manifestazione avesse assunto connotati tali da suggestionare i presenti inducendo negli stessi sentimenti nostalgici in cui ravvisare un serio pericolo concreto di riorganizzazione del partito fascista (Cass. Pen., Sez. I, sent. 8108/2018)
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